lunedì 19 marzo 2012

San Giuseppe

Mio nonno, classe 1909  si chiamava Giuseppe, ma tutti lo chiamavano col diminutivo di Bepi.  Nel 1918 perse la madre e la sorella di Spagnola, il padre si risposò con la cognata, anch'ella rimasta vedova con una figlia e così formarono un'unica famiglia ed ebbero altri due figli maschi.

Nato in campagna, Nonno Bepi crebbe come contadino, ma le sue aspirazioni erano d'imparare un mestiere, infatti si mise al servizio di suo nonno, fabbro ferraio, che una volta, almeno in campagna, era un mestiere apprezzato: i fabbri ferrai si occupavano della costruzione dei carri ed in particolare curavano tutte le parti in ferro dei carri di legno. Ma si sà che con l'avvento della meccanizzazione i carri incominciarono a costruirli di ferro, le ruote di gomma non ebbero più bisogno del fabbro ed il mestiere andò in disuso.

Quando era piccolo, dato che l'altro suo nonno era Maestro e dirigeva la Banda del paese ed in casa si faceva musica, a Nonno Bepi fu imposto d'imparare a suonare uno strumento. Non so come la scelta cadde sul clarinetto. La cosa gli servì da giovanotto : suonare la domenica e durante le feste di paese divenne una fonte di guadagno per le piccole spese.

Ma la cosa gli fu utile anche da militare (a Milano), per la sua costituzione robusta nel 1929 lo presero tra i Bersaglieri e visto che sapeva suonare bene lo misero nella fanfara. Dovete sapere che allora i Bersaglieri erano un corpo scelto, che si allenavano con acrobazie. Anche per andare al rancio mettevano i soldati alla prova. C'erano delle corde con cui si accedeva al piano superiore della mensa:  chi era svelto e forte di braccia e ce la faceva, saliva per primo e riusciva a prendersi dal calderone di pasta con la salsa un piatto condito, mentre chi arrivava dopo quando aprivano le porte trovava solo pasta scondita. Nonno fece un patto con un compaesano: lui si arrampicava con la fune per prendere la pasta con la salsa per il suo amico, mentre per se prendeva quella scondita che restava in fondo, perché nonno Bepi non amava il pomodoro. In cambio il compaesano gli allungava qualche sigaretta.

Tornato da militare si sposò ebbe mia madre ed un figlio maschio che purtroppo  morì a due anni.  

Dopo la liberazione del territorio Istriano da parte degli alleati,  Tito ed i suoi soldati fecero molti soprusi: entravano nelle case requisivano ciò che gradiva loro, agli allevatori che volevano vendere qualche capo di bestiame  liquidavano un terzo del valore ed il resto dei soldi lo tenevano per loro e lo stesso accadeva con i raccolti: i contadini non potevano tenere tutto per sé o venderlo indipendentemente. Di questi soprusi  mio nonno fu sazio ben presto e si trasferì  a Trieste con la nonna. Lui lavorava come operaio nelle cave di pietra di Sistiana, la nonna come aiuto cuoca in un buffet.  Nonno riuscì a far  sposare mamma facendosi pestare il mignolo con una mazza da un suo amico. Per incassare i soldi dell'assicurazione continuò per giorni a mettersi l'acido cloridrico sulla ferita perché suppurasse. Così mamma ebbe il corredo, il pranzo di nozze e concorse per il viaggio (i miei andarono a Roma).

In seguito i nonni si stabilirono con i fratelli  del nonno nel Pordenonese dove fu affidato loro casa e terreno con mutuo agevolato, fino a che la casa non fu pronta i nonni lavorarono a Trieste solo nel 1957 si stabilirono in campagna. Da allora furono sempre prodighi d'aiuto per mamma.

Io devo a Nonno Bepi la mia istruzione. Un vicino di casa aveva due figlie una rimase a casa: non le piaceva studiare, ma l'altra invece aveva continuato e frequentato ragioneria tra l'anno 1960 e 1965. Suo padre ne parlava con orgoglio e la ragazza trovò lavoro presso la Zanussi!   Nonno Bepi fu incantato dalla capacità e volontà della ragazza e decise che anch'io avrei dovuto studiare! Mentre mio padre lavorava come operaio la mamma cercava di arrotondare il bilancio con lavori da sarta, la vita in quegli anni era molto dura con due figli da far studiare,  quando fu il momento mamma disse a nonno che preferiva imparassi un mestiere per guadagnare subito.  Nonno invece si impose e disse : "La manterrò io agli studi! Ma lei deve studiare prendere il diploma di ragioniera e trovarsi un lavoro che le dia l'indipendenza, non voglio che sia succube di un marito!"

Negli anni '60 fu preso da un forte eczema, che lo piagava in tutto il corpo, lo ricordo che per il dolore camminava disperato nei campi a volte piangendo sconsolato per non aver prospettive di guarigione e maledicendo il destino:  solo con il cortisone alla fine degli anni '60 si riprese.

Quando passavo le vacanze estive in campagna, seguivo il Nonno come un'ombra. Egli mi insegnò a guidare il trattore nelle stradine di campagna quando avevo 11 anni, mentre nonna correva urlando "'ste atenti" (state attenti) per l'aia agitando la mano  come a dire (aspetta che vi prendo voi due)!
A 13 anni mi diede la falciatrice e sorrideva alle piroette che facevo fare alla macchina!  Mi faceva collaborare come fossi un ragazzo e spesso quando c'era la pioggia ci sedevamo sotto il portico al riparo a guardare l'acqua che scendeva ed il movimento delle nuvole : a volte scuoteva la testa quando cadeva la grandine e diceva "povere le mie fadighe! (fatiche)".

Curava tutta la campagna come fosse un giardino, teneva pulita la stalla e strigliava le mucche ed i tori con cura e dedizione, in modo che fossero puliti ed asciutti. 

Si addolciva con sua figlia e con noi nipoti. Niente di svenevole: la sua carezza era ruvida, tra il serio ed il faceto, ma sempre piena di tenerezza. Quando gli parlavamo ci ascoltava, ci faceva ragionare con grande umiltà e calma ci spiega il perché e la ragione di fare le cose come diceva lui, perché imparassimo dove stavamo sbagliando, ma senza mai mettersi in cattedra, non riusciva ad arrabbiarsi con noi, anche se quando combinavamo qualche marachella tentava la voce grossa, aveva sempre mezzo sorriso sulle labbra che sfociava in una risata a scoprire qualche malefatta, anche perché io e mio fratello eravamo molto seri come bambini. A prescindere dalla volta in cui volli tentare di cavalcare un vitello,  emula di Tex Willer, ed ebbi la fortuna di esser disarcionata e scaraventata nella mangiatoia, anziché tra le sue zampe!

Mentre in famiglia ero sempre l'ultima ruota del carro, le maggiori attenzioni erano per mio fratello, in quanto maschio, anche per la sua infanzia tormentata di bambino asmatico, io con il nonno ero considerata e valutata alla stessa stregua di mio fratello. Tutto quel che riuscivo a fare con successo era da lui valutato e giudicato senza remore o discriminazioni.

Penso che non gli devo solo la mia istruzione, ma quel fare indomito e la determinazione da Bersagliere che mio nonno mise sempre in tutta la sua vita, perché si sà :  "Bersagliere a 18 anni, Bersagliere tutta la vita" .

 

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8 Commenti:

Anonymous perennemente sloggata ha detto...

un post commovente e molto carico di emozioni.
grazie per aver condiviso tutto ciò!

lunedì, marzo 19, 2012 11:46:00 AM  
Blogger Renata_ontanoverde ha detto...

lunedì, marzo 19, 2012 12:42:00 PM  
Blogger gattarandagia ha detto...

una bella figura di uomo, molto proiettato nel futuro.
una gioia averlo come nonno.

lunedì, marzo 19, 2012 3:25:00 PM  
Blogger Renata_ontanoverde ha detto...

sì un uomo dinamico, forte e moderno! è stato splendido!

lunedì, marzo 19, 2012 5:17:00 PM  
Blogger lella ha detto...

Straordinario racconto, pieno d'amore, della vita di tuo nonno: grazie, Renata! Mi hai fatto leggere parole dolcissime e toccanti.
Un bacio.

lunedì, marzo 19, 2012 7:34:00 PM  
Blogger Shunrei ha detto...

So che l'ho già scritto, ma adoro questi post di ricordi! :)

lunedì, marzo 19, 2012 8:49:00 PM  
Blogger Renata_ontanoverde ha detto...

Grazie a voi!

lunedì, marzo 19, 2012 9:15:00 PM  
Blogger nellabrezza ha detto...

che bella storia !! viva nonno bepi !

martedì, marzo 20, 2012 3:57:00 PM  

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